Giornata Mondiale della Gioventù: da Toronto a Colonia
Roma 10-13 aprile 2003
P. Tony Anatrella
Psicanalista, Specialista in Psichiatria Sociale >>>da Vaticano web
Psicanalista, Specialista in Psichiatria Sociale >>>da Vaticano web
Il mondo dei giovani: chi
sono? Che cosa cercano?
INDICE DEL CONTENUTO
Introduzione
1- Chi sono?
2 - Un contesto sociale che favorisce la dipendenza psicologica
2 - 1 Una società che favorisce l’infantilismo
2 - 2 Una speranza di vita più lunga
2 - 3 Un’infanzia accorciata per un’adolescenza
più lunga
3 - I compiti psichici da assolvere
3 -1 La fiducia in se stessi
3 - 2 Il rapporto con il tempo
3 - 3 Occupare il proprio spazio interiore
4 - La vita affettiva dei giovani
4 - 1 Stato generale dell’affettività
4 – 2 Dalla coeducazione al rapporto unisessuato
4 - 3 La paura d’impegnarsi
4 - 4 La bisessualità psichica
5 - I giovani e le nuove influenze ideologiche
5 - 1 La teoria del gender
5 - 2 La società di mercato e il liberalismo
5 - 3 Laicità ed esclusione del religioso
6 - I giovani e la Chiesa
6 - 1 Giovani senza radici religiose
6 - 2 Confusione tra religioso e paranormale
6 -3 I giovani della GMG sono in ricerca di vita
spirituale
6 - 4 Perché Giovanni Paolo II attira tanti
giovani, benché il messaggio cristiano sia esigente, in particolare in materia
di morale sessuale?
Conclusione
Il
mondo dei giovani: chi sono? Che cosa cercano?
Introduzione
Mi è stato
chiesto di tracciare il profilo dei giovani d’oggi da un punto di vista
sociologico e psicologico, sottolineando come possono essere influenzati da
movimenti ideologici e come si pongono in rapporto alla Chiesa. Vasto e
ambizioso programma, che cercherò di rispettare affrontando le varie questioni
in maniera sintetica.
Parlerò dei
giovani a partire della mia esperienza psicanalitica e psichiatrica del mondo
occidentale. Bisogna sempre fare molta attenzione, quando si parla di giovani,
a non passare subito alle generalizzazioni: quindi, in base alle vostre realtà
culturali, potrete confermare o completare quanto dirò. Tuttavia si possono
constatare dei tratti comuni nella psicologia e nella sociologia dei giovani
del mondo intero. Il peso del modello economico del liberalismo, della
globalizzazione, dei cambiamenti nella coppia e nella famiglia, delle
rappresentazioni della sessualità, l’impatto della musica, della televisione,
del cinema e di Internet influenzano e unificano considerevolmente la mentalità
giovanile di quasi tutti i paesi.
I giovani
manifestano diverse fragilità pur restando aperti, disponibili e generosi. Non
sono più prigionieri delle ideologie, come le generazioni precedenti. Aspirano
a rapporti autentici e sono in cerca della verità, ma non trovandoli nella
realtà, sperano di scoprirli dentro di sé. Un simile atteggiamento li
predispone a ripiegarsi sulle proprie sensazioni e sull’individualismo,
mettendo al proprio servizio i legami sociali e il senso dell’interesse
generale. Anche se il contesto sociale non li aiuta a sviluppare una vera e
propria dimensione spirituale, sono pronti a impegnarsi per alcune grandi
cause.
1- Chi sono?
I giovani
che c’interessano qui sono quelli compresi tra i 18 e i 30 anni, si trovano
quindi nell’età post-adolescenziale e vogliono diventare psicologicamente
autonomi cercando di affermare il proprio io. Per essere più
precisi, ognuno di loro ha bisogno di essere se stesso e di prendere le
distanze dall’educazione ricevuta e dalle pressioni sociali. I giovani in
questione possono essere abbastanza inseriti socialmente nel campo degli studi
o in un’attività professionale, oppure possono trovarsi in situazioni
professionali o personali assai precarie: disoccupazione, instabilità
psicologica, comportamenti indiscriminati e numerosi problemi della vita.
Esprimono spesso il desiderio di acquistare fiducia in se stessi, vogliono
liberarsi dei dubbi sull’esistenza e delle paure di fronte all’idea di un
impegno affettivo. A volte chiedono l’aiuto dei genitori, pur provando un certo
disagio nei loro confronti. La maggior parte continua a vivere con i genitori1,
mentre altri, che sono andati a vivere da soli, ne sono ancora dipendenti.
Hanno spesso bisogno di essere sostenuti quando si trovano ad affrontare la
realtà, per poter accettare se stessi, accettare la vita e cominciare ad agire2 nella
realtà.
Sono anche
in ricerca delle ragioni di vita sui cui costruire la propria esistenza: la
maggioranza è relativamente lontana dalle preoccupazioni religiose e spesso
riconosce di non essere stata né sensibilizzata né educata in questo campo.
Tuttavia questi giovani sono colpiti dal fenomeno delle sette, dal terrorismo e
dalla guerra, che danno loro una visione inquietante e conflittuale della
religione, dell’Islam in particolare. La religione li attira e allo stesso
tempo li inquieta quando viene presentata come fonte di conflitti nel mondo, il
che è un errore d’interpretazione perché i conflitti in questione sono
d’origine politica ed economica. Dobbiamo sempre imparare a vivere gli uni con
gli altri. Infine la loro conoscenza della fede cristiana e della Chiesa resta
legata ai cliché e alle ricostruzioni intellettuali che circolano nelle
rappresentazioni sociali, nelle fiction televisive e
cinematografiche.
In una
società che, per diverse ragioni, coltiva il dubbio e il cinismo, la paura e
l’impotenza, l’immaturità e l’infantilismo, alcuni giovani tendono ad
aggrapparsi a modalità di gratificazione primarie e hanno difficoltà a
diventare maturi; si può considerare matura la personalità che ha completato
l’organizzazione delle funzioni basilari della vita psichica ed è quindi capace
di differenziare la propria vita interiore dal mondo esterno. Molti giovani,
che restano ancora in una psicologia d’impasto, hanno difficoltà a operare tale
differenziazione; quel che sentono e immaginano spesso si sostituisce ai fatti
e alla realtà del mondo esterno. Questo fenomeno è amplificato e alimentato
dalla psicologia mediatica che oggi permea gli animi e l’universo virtuale
creato dai videogiochi e da Internet. Tutto questo li predispone a vivere
nell’immaginario e in un mondo virtuale senza contatti con la realtà, che non
hanno imparato a conoscere e che li delude e li deprime. Hanno un approccio
ludico alla vita, con un bisogno di fare baldoria, soprattutto nel week-end,
senza neanche saper bene perché; in questo modo cercano ambienti totalizzanti e
sensazioni che danno loro l’impressione di esistere. Resta tuttavia da appurare
se queste esperienze creino o meno rapporti veri e se contribuiscano
all’arricchimento affettivo e intellettuale della loro personalità. Infine sono
piuttosto ambivalenti perché vogliono trovare il modo di entrare nella realtà e
contemporaneamente di fuggirla.
I giovani
d’oggi sono come le generazioni precedenti: capaci di generosità, solidarietà e
dedizione se sono motivati da una causa; ma hanno meno riferimenti sociali e
senso d’appartenenza dei loro predecessori. Sono individualisti, vogliono fare
le proprie scelte senza tener conto dell’insieme dei valori, delle idee o delle
leggi comuni. Prendono i loro punti di riferimento un po’ dappertutto per poi sperimentarli
nel loro modo di vivere. Tendono facilmente all’egalitarismo e alla tolleranza,
imbevuti come sono delle mode e dei messaggi imposti dai media, che di fatto
utilizzano come norme per costruire se stessi. Rischiano di cadere nel
conformismo delle mode, lasciandosi impregnare come spugne, piuttosto che
costruire la loro libertà partendo dalle ragioni di vivere e d’amare, il che
spiega la loro fragilità affettiva e i dubbi su se stessi in cui si dibattono.
La loro vita
affettiva è contrassegnata da molte esitazioni, cominciando da quelle
sull’identità, il sesso, la famiglia. A volte hanno una gran confusione nei
sentimenti e non sempre sanno distinguere tra un’attrazione a livello di
amicizia e una tendenza omosessuale. La coeducazione che hanno vissuto fin
dall’infanzia, nel periodo post-adolescenziale può complicare il rapporto
uomo-donna. Infine l’aumento considerevole dei divorzi non favorisce la fiducia
nell’altro e nel futuro.
Tali
personalità sono il risultato di un’educazione, di una scolarizzazione, e a
volte di una catechesi, che non formano abbastanza l’intelligenza. Sono stati
infatti abituati a vivere costantemente a livello affettivo e sensoriale, a
detrimento della ragione intesa come conoscenza, memoria e riflessione. Cercano
di procurarsi tutte le sensazioni possibili, come quelle provate tramite la
droga. Invece di dire "penso, dunque sono", con il loro comportamento
affermano: "provo delle sensazioni, quindi sono rassicurato".
Quando
trovano adulti che sono veramente adulti, che stanno al proprio posto e sono in
grado di trasmettere loro i valori della vita, come sa fare Papa Giovanni Paolo
II, ascoltano quel che viene loro trasmesso sull’esperienza cristiana, in
attesa di poterne trarre ispirazione.
2 - Un
contesto sociale che favorisce la dipendenza psicologica
Ci troviamo
in un fenomeno veramente paradossale che colpisce quasi tutte le aree
culturali: da un lato si vogliono rendere i bambini autonomi il più presto
possibile, fin dal nido e dalla scuola materna, e dall’altro si vedono
adolescenti, e soprattutto post-adolescenti, i quali stentano ad attuare le
operazioni psichiche della separazione anche se, a sentir loro, vorrebbero
farlo. Per liberarsi di questo handicap, cercano dei sostegni psicologici,
sociali e spirituali su cui appoggiarsi.
2 - 1 Una
società che favorisce l’infantilismo
L’educazione
contemporanea produce soggetti troppo attaccati alle persone e alle cose, e
quindi esseri dipendenti, anche se lo negano. Durante l’infanzia, i loro
desideri e le loro attese sono stati talmente sollecitati a scapito delle
realtà esterne e delle esigenze obiettive, che finiscono per credere che tutto
possa essere manipolato unicamente in funzione dei propri interessi soggettivi.
Poi, all’inizio dell’adolescenza, in mancanza di risorse sufficienti e di un
sistema di puntelli interiori, tentano di sviluppare legami di dipendenza in
rapporti di gruppo o di coppia. Se ho inventato la nozione di
"coppie-bebè"3, l’ho fatto appunto per designare la loro
economia affettiva, che non sempre distingue tra sessualità infantile e
sessualità oggettuale. Passano infatti dall’attaccamento ai genitori a quello
sentimentale, restando sempre nella stessa economia affettiva.
Preoccupandosi
giustamente della qualità del rapporto con il bambino, l’educazione è stata
troppo incentrata sul benessere affettivo, a scapito a volte della realtà,
delle conoscenze, dei codici culturali e dei valori morali, senza quindi
aiutare i giovani a costruirsi interiormente. Di conseguenza tendono più a
un’espansione narcisistica che a un vero e proprio sviluppo personale, il che
crea spesso personalità sicuramente plastiche e simpatiche, ma a volte anche
superficiali, se non insignificanti, che non sempre hanno il senso del limite e
della realtà. Possono essere sfrontati, a volte prendersi troppa confidenza,
confondendo i loro codici personali con quelli sociali, dimentichi del senso
della gerarchia, dell’autorità, del sacro o delle convenienze sociali e delle
regole del "bel parlare". Alcuni non hanno mai imparato le regole
della convivenza sociale, da quelle del codice stradale ai riti della vita
familiare e sociale.
Gli adulti,
che hanno fatto di tutto perché non mancassero di nulla, hanno indotto i
giovani a credere di dover soddisfare tutti i propri desideri, confondendoli con
i bisogni. Ma lo scopo dei desideri non è quello di essere realizzati, bensì di
costituire una fonte d’ispirazione. Non avendo fatto l’esperienza della
mancanza, da cui si elaborano i desideri, i giovani sono indecisi e incerti e
fanno quindi fatica a differenziarsi e a distaccarsi dagli abituali oggetti di
riferimento per vivere la propria vita. Crescere significa separarsi
psicologicamente, abbandonare l’infanzia e l’adolescenza; ma, per molti, una
separazione del genere è difficile perché gli spazi psichici tra genitori e
figli si confondono.
Significativa
è la testimonianza di Laurent, 28 anni, sposato e padre di un bambino:
"Vengo
classificato come adulto, ma non mi riconosco come tale e non mi sento
coinvolto nel mondo degli adulti. Ho difficoltà ad appropriarmi di questa
dimensione. Per me, gli adulti sono i miei genitori. Sono in contraddizione con
me stesso: interiormente mi sento come un bambino o un adolescente, con angosce
terribili, ma all’esterno sono già un adulto e vengo considerato tale sul
lavoro. Nella società nulla ci aiuta a diventare adulti".
È anche vero
che, idealizzando l’infanzia e l’adolescenza, la società lascia intendere che
non c’è nulla di piacevole nel crescere e nell’esistere come adulti, cosicché è
difficile liberarsi dei modi di gratificazione dell’infanzia per accedere a
soddisfazioni superiori.
2 - 2 Una
speranza di vita più lunga
L’allungamento
della vita lascia supporre che l’individuo abbia tutto il tempo per prepararsi
e impegnarsi nell’esistenza. La speranza di vita crea quindi ora più che in
passato le condizioni oggettive per poter restare giovani, intendendo la
giovinezza come il periodo dell’indecisione, se non della mancanza di
distinzione tra sé, gli altri e la realtà, o ancora dell’indifferenziazione
sessuale, nell’illusione che la maggior parte delle possibilità restino sempre
aperte. Questa concezione vaga dell’esistenza, propria dell’adolescenza, è
assai preoccupante quando prosegue nei post-adolescenti, tanto incerti nelle
loro motivazioni da non aver fiducia in se stessi. Alcuni soffrono di questo
stato di cose, temendo anche una certa spersonalizzazione nei rapporti con gli
altri. Molti rinviano le scadenze e vivono nella provvisorietà, non sapendo se
potranno continuare quel che hanno iniziato nei diversi campi dell’esistenza.
Altri ancora vivono l’epoca della gioventù come fine a se stessa e come uno
stato duraturo.
In effetti
vi sono oggi giovani impegnati in processi di maturazione che richiedono più
tempo e sono caratterizzati da una condizione di moratoria, ossia una
sospensione delle scadenze e degli obblighi legati al passaggio alla vita
adulta. Quelli che non hanno particolarmente desiderio di diventare adulti4,
non vivono la loro gioventù come una fase propedeutica all’ingresso alla vita
adulta, ma come un periodo di tempo che ha valore in sé e per sé. Nel passato
invece, il periodo della giovinezza era vissuto in funzione della vita
successiva e di un’esistenza autonoma: la gioventù era quindi una tappa
preparatoria. Ai giorni nostri, la gioventù così prolungata provoca una certa
indeterminatezza nelle scelte di vita. Alcuni preferiscono rinviare le scelte definitive
e ritardare quindi l’ingresso nella vita adulta o l’assunzione di impegni
definitivi. Non interrogandosi sui loro problemi d’autonomia, non si sentono
obbligati a fare scelte fondamentali. D’altro canto, in diversi settori della
vita si nota una forte tendenza alla sperimentazione: così i giovani possono
lasciare la famiglia, ma ritornarvi dopo un insuccesso o una difficoltà. La
differenza principale rispetto alla maggior parte delle generazioni precedenti
(che compivano scelte precise con priorità precise) consiste nella propensione
a vivere contemporaneamente diversi aspetti della vita, aspetti a volte
contraddittori, senza stabilire una gerarchia nei propri bisogni e valori.
Alcuni giovani sono oggi molto dipendenti dal bisogno di fare esperienze perché,
per la mancata trasmissione di valori e insegnamenti, credono che non si sappia
nulla di questa vita e che tutto sia da scoprire e da "inventare".
Per questo presentano spesso un’identità vaga, flessibile di fronte alla
molteplicità delle sollecitazioni contemporanee, siano esse controproducenti o
al contrario fruttuose.
2 - 3
Un’infanzia accorciata per un’adolescenza più lunga
Uno dei
maggiori paradossi delle nostre società occidentali consiste nel far crescere
troppo presto i bambini, incoraggiandoli al contempo a restare adolescenti il
più a lungo possibile!5
I bambini
sono spinti ad atteggiamenti da adolescenti quando ancora non hanno le
competenze psicologiche per assumerli. In tal modo acquisiscono una precocità
che non è fonte di maturità, saltando i compiti psichici propri dell’infanzia,
il che può menomarli nella loro futura autonomia, come dimostra il
moltiplicarsi degli stati depressivi in moltissimi giovani.
Gli stessi
post-adolescenti si lamentano di una mancanza di puntelli interiori e sociali,
in particolare quelli che, dopo lunghi studi, sbarcano nelle imprese freschi di
diploma e devono subito esercitare delle responsabilità. Anche in alcuni
giovani tra i 26 e i 35 anni si riscontra una sequela di depressioni
esistenziali, perché non hanno modelli di riferimento sulla vita adulta che li
aiutino ad armonizzare la loro esistenza con la realtà.
Il periodo
della giovinezza è sempre stato contrassegnato da una certa immaturità: non è
certo una novità. Un tempo però quest’immaturità era compensata dalla società,
che si poneva più dalla parte degli adulti, spingendo quindi a crescere e a
raggiungere le realtà della vita. Invece oggi, non solo la società offre minor
sostegno lasciando che ciascuno se la sbrogli da solo, ma fa pure credere che si
possa restare in permanenza nei primi stadi della vita, senza doverli elaborare
né dover vivere troppo presto un certo numero di esperienze. Bisogna saper dire
a un adolescente, quando assume comportamenti precoci, che non ha l’età per
farlo, situandolo così in una prospettiva storica d’evoluzione e di
maturazione. È in questo modo che si acquisisce la maturità temporale.
3 - I
compiti psichici da assolvere
Da qualche
anno assistiamo ad alcuni cambiamenti nell’evoluzione della personalità
giovanile. La maggior parte degli adolescenti6 vive abbastanza
bene il processo della pubertà e quello dell’adolescenza propriamente detta,
senza provare vere difficoltà, tranne qualche rara eccezione. In compenso, la
situazione dei post-adolescenti tra i 22 e i 30 anni è spesso più delicata,
soggettivamente conflittuale e tormentata da un groviglio di lotte psichiche
che prima si riscontravano e si trattavano nell’adolescenza (18/22 anni). Al
confronto tra le rappresentazioni di sé e la vita viene così ad aggiungersi un
conflitto interno.
3 -1 La
fiducia in se stessi
Il bisogno
di conoscersi e di avere fiducia in sé è un’aspirazione propria di quest’età.
Ma sotto il peso degli interrogativi irrisolti e degli insuccessi, il senso di
sé può essere rimesso in discussione. All’improvviso il soggetto si sente più
fragile, perché non è più in grado di assicurare, come nel passato, la propria
continuità. Cerca quindi di essere se stesso e diventa molto sensibile a tutto
ciò che non è autentico in lui.
Lo sviluppo
psicologico della post-adolescenza si effettua essenzialmente
nell’articolazione della vita psichica con l’ambiente circostante. Quest’ultimo
può suscitare e riattivare angosce e inibizioni legate, ad esempio, a un senso
d’impotenza che si traduce nel timore di non poter accedere alla realtà e
quindi nell’auto-aggredirsi o nell’aggredire le figure genitoriali estese al
mondo degli adulti. Tutto ciò può favorire un atteggiamento anti-istituzionale
o antisociale, ma anche porre il problema della capacità di valutarsi (legata
alla stima o al disprezzo di sé), del bisogno di essere riconosciuti dai
genitori, in particolare dal padre. Il soggetto può anche essere ancora molto
concentrato su di sé, evitando così la realtà esterna, a volte interiorizzata
poco o male: la prova della realtà fa paura. Ma appena si scontra con i limiti
del reale, rischia di perdere il proprio equilibrio e di indulgere in pensieri
depressivi, senza potersi identificare con alcun oggetto di interesse o
d’amore. Uno di questi limiti è quello del tempo.
La catechesi
può aiutare i giovani a imparare ad amare la vita, a immagine di Cristo, che si
è incarnato nel mondo rivelandoci che siamo chiamati da Dio alla vita e
all’amore.
3 - 2 Il
rapporto con il tempo
Il
post-adolescente è spesso impegnato in un compito psichico che gli consentirà
di accedere alla maturità temporale, la quale però, tra i 24 e i 30 anni, si
presenta anche come una difficoltà. A volte, invece di ricollegare la propria
esistenza associando passato, presente e futuro, alcuni giovani la vivono in
una sorta di immediatezza senza fine; così passano da un istante all’altro, da
un avvenimento a un altro, da situazioni e scelte fatte all’ultimo minuto fino
al momento in cui si pongono la questione della coerenza tra tutto ciò che
vivono, sempreché non costruiscano la propria esistenza in maniera tanto
frammentaria da non riuscire a fare una sintesi.
L’immaturità
temporale non sempre permette di proiettarsi nel futuro, che può angosciare i
post-adolescenti non a causa di incertezze sociali ed economiche, ma perché a
livello psicologico non sono capaci di prevedere e valutare né dei progetti né
le conseguenze degli eventi e delle loro azioni, dato che vivono unicamente nel
presente. Quando non hanno ancora raggiunto la maturità temporale, alcuni
post-adolescenti fanno fatica a sviluppare una coscienza storica. Non sanno
inserire la loro esistenza in un progetto a lungo termine - o hanno paura di
farlo - e quindi sono incapaci di avere il senso dell’impegno in moltissimi
campi. Vivono più facilmente nella contingenza e nell’intensità di una
situazione particolare, che nella costanza e la continuità di una vita che si
elabora nel tempo. Il quotidiano appare come un’attesa di momenti eccezionali,
invece d’essere lo spazio in cui si tesse l’impegno della propria esistenza.
L’apprendimento
del senso dell’impegno inizia con lo svilupparsi di una solidarietà e di
progetti nell’ambito della comunità cristiana per il servizio agli altri. Tale
apprendimento dell’impegno come ingresso nella storia può essere stimolato
dalla scoperta e la riflessione sulla storia della salvezza in Gesù Cristo.
3 - 3
Occupare il proprio spazio interiore
Moltissimi
giovani fanno fatica a occupare la loro vita psicologica e il loro spazio
interiore. Possono infatti sentirsi a disagio nel provare dentro di sé diverse
sensazioni che non sanno identificare o, al contrario, cercarle al di fuori
delle relazioni e delle attività umane.
Ci troviamo
sempre più di fronte a personalità impulsive, sempre in azione, che
difficilmente si rendono conto che, anche nel migliore dei casi, l’azione deve
essere ripresa e mediata dalla riflessione. Poiché non dispongono di risorse
interiori e culturali, né di un’adeguata capacità di ragionamento, si lamentano
spesso di mancanza di concentrazione e di far fatica a impegnarsi a lungo in
lavori intellettuali; dimostrano così la povertà della loro interiorità e dei
loro scambi inter-psichici; la riflessione li turba. Hanno bisogno di educare
la propria volontà, che rischia di essere incostante e fragile.
Metterli di
fronte a degli interrogativi o a certi problemi da affrontare, come l’uso della
droga con cui cercano di stimolarsi, di controllarsi o di ottenere il meglio da
sé, li avvilisce. Preferiscono rifugiarsi nell’azione e utilizzano in modo
ripetitivo il passaggio all’atto, non per cercare un piacere, ma per scaricare
la tensione interiore e ripartire da zero, per non provare più tensioni dentro
di sé. In tal modo rimuovono non solo ciò che succede dentro di loro, ma il
loro stesso funzionamento interno.
Si nota
spesso nei post-adolescenti la mancanza di oggetti di identificazione
affidabili e validi, atti a sviluppare materiale psichico in base al quale
poter costruire la loro interiorità. Qui ci scontriamo con il problema della
trasmissione nel mondo contemporaneo: trasmissione culturale, morale e
religiosa. La carenza d’interiorità favorisce psicologie più ansiogene, più
pronte a rispondere agli stadi primari della pulsione che a impegnarsi nella
formazione interiore.7 Ma la stragrande maggioranza, se nella
vita cerca degli ancoraggi per il proprio nutrimento interiore, lo fa più a
partire da quanto percepisce soggettivamente che ispirandosi alle grandi
tradizioni religiose o morali, da cui resta relativamente distante.
Molti
giovani hanno un modo di pensare narcisistico, in cui ciascuno deve bastare a
se stesso e riportare tutto a se stesso, secondo la moda attuale del
"tutto psicologico", la quale fa credere che sia possibile farsi da
sé, ispirandosi alle proprie emozioni e sensazioni piuttosto che ai principi
della ragione, a una parola intellegibile come quella della fede cristiana e
dei valori della vita. La minima difficoltà esistenziale è interpretata in termini
psicopatologici e si ritiene che rientri nel campo della psicoterapia: un
errore di prospettiva che s’infiltra negli accompagnamenti psico-spirituali o
nei riti di guarigione. È a dir poco aberrante voler gestire contemporaneamente
i due discorsi, quello psicologico e quello religioso, dal punto di vista della
psicoterapia. Anche il tema della "resilienza"8 è la
nuova illusione delle personalità narcisistiche. Si tratta d’altronde di una
nozione confusa che cerca di motivare il fatto che alcuni individui se la
cavino meglio di altri, mentre il cristianesimo da lungo tempo ha dimostrato
che la persona non si riduce ai propri determinismi. In un mondo privo di
risorse morali e religiose, la "resilienza" sarà presto superata,
perché per risollevarsi occorre un dinamismo interiore che non può costituirsi
e nutrirsi se non mediante l’apporto del mondo esterno. Il soggetto non può
impostare la propria vita interiore in un faccia a faccia con se stesso, ma
solo interagendo con una dimensione oggettiva.
Quindi sia
la catechesi che l’educazione religiosa rischiano di essere improntate al
soggettivismo imperante, soprattutto quando si afferma che non vi è una
"rivelazione oggettiva" della parola di Dio, ma che essa può
manifestarsi solo nella fede vissuta soggettivamente. In questo contesto, Gesù
non è altro che un "profeta" o un "saggio" come tanti
altri, completamente privato del suo ruolo di mediatore tra il Padre e gli
uomini, come Figlio di Dio. Alcuni giovani, suggestionati da questa visione
immanente e soggettiva di Dio simile a quella di una divinità pagana,
s’impegnano nel dialogo interreligioso (confuso con una sorta di ecumenismo)
nelle cappellanie scolastiche e universitarie, senza essere strutturati nella
propria fede cristiana; mischiano le idee delle diverse confessioni come se si
trattasse della stessa rappresentazione di Dio. Non avendo interiorizzato
l’intelligenza della fede nel Dio trinitario, il Tutt’Altro, costruiscono un
discorso religioso sul modello dei meccanismi del rapporto d’impasto, affidandosi
alla tolleranza, alla confusione degli spazi, all’egalitarismo per non
differenziarsi, nonché a un modo di esprimersi sensoriale. Ma le varie idee
sulle rappresentazioni di Dio, secondo le diverse confessioni religiose, non
danno lo stesso senso all’uomo, alla vita sociale e alla fede.
La maggior
parte delle società occidentali non ha voluto effettuare la trasmissione,
arrivando a rimettere in dubbio i fondamenti su cui esse stesse si sono
sviluppate. La dimensione cristiana è stata spesso esclusa, mentre invece
contribuisce all’edificazione dei legami sociali e alla costituzione della vita
interiore degli individui. La crisi dell’interiorità contemporanea comincia
proprio con questa carenza d’iniziazione per poi perdersi nell’individualismo e
nel soggettivismo psicologico. La psicologizzazione ideologica della società è
destrutturante perché gli individui non fanno che raccontarsi e analizzarsi
fino allo sfinimento. La riflessione soggettiva può essere necessaria in certi
casi, ma non dev’essere esclusiva: bisogna poter costruire la propria esistenza
tenendo conto anche di un’altra dimensione oltre a se stessi, dimensione che a
sua volta rivela e dinamizza l’individuo, dimensione che è sociale, culturale,
morale e religiosa. Bisogna poter concepire la propria vita come un contesto di
tutte queste realtà, senza rinchiudersi negli approcci psicologici tanto di
moda oggi.
La
catechesi, l’educazione al senso della preghiera e della vita liturgica e
sacramentale possono far molto per aiutare i giovani ad appropriarsi della loro
interiorità, del loro spazio psichico e fisico. I riti, le insegne e i simboli
cristiani possono partecipare a questa costruzione interiore e proprio per
questo sono tanto apprezzati dai giovani, con grande sorpresa degli adulti. La vita
interiore si costituisce così in rapporto con una realtà e una presenza
esterne. La Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa, svolge questo ruolo mettendo
i giovani in relazione con Dio, che si incontra attraverso le mediazioni umane,
inaugurate da Cristo e divenute così segni della sua presenza. Nella preghiera
fiduciosa, guidata e sostenuta dalla Chiesa, si stabilisce un rapporto
privilegiato tra Dio e coloro che Egli chiama a conoscerLo. L’esperienza della
preghiera è il crogiolo dell’interiorità umana, come la GMG ha più volte
dimostrato. Vi è dunque uno sforzo educativo da perseguire in questa direzione.
4 - La vita
affettiva dei giovani
4 - 1 Stato
generale dell’affettività
Le
psicologie contemporanee sono influenzate dalle rappresentazioni sociali
incentrate su una vita affettiva e sessuale sregolata. L’espressione affettiva
deve essere immediata, come una telefonata o un collegamento a Internet, senza
dover rispettare i termini e il senso della costruzione di un rapporto. Anche
le immagini dei media e delle fiction cinematografiche sono attualmente
contrassegnate da un’espressione sessuale facile, d’impasto e del momento.
Alcuni
giovani sono anche condizionati dalla separazione e dal divorzio dei genitori,
che hanno impresso nel profondo della loro vita psichica la disunione e la
mancanza di fiducia nell’altro e a volte nel futuro. Le personalità attuali
rivendicano l’autonomia, mentre non sanno separarsi dagli oggetti dell’infanzia.
Il problema viene trasferito sulle persone, da cui ci si separa non appena
sorge una difficoltà. In maniera paradossale, questi giovani manifestano anche
la paura di essere rifiutati e il bisogno di essere rassicurati sull’immagine
che viene loro rinviata dagli altri. Quest’atteggiamento è il risultato del
tipo di vita familiare disgregata che si sta diffondendo in occidente.
Infine sono
abbastanza influenzati dall’esibizionismo sessuale che imperversa tramite la
pornografia e la banalizzazione di una sessualità impulsiva e anti-relazionale.
Studi recenti hanno dimostrato che il 75% dei film guardati sulle televisioni
via cavo sono pornografici, con sceneggiature sempre più violente e aggressive,
e che questa percentuale sale al 92% negli alberghi, dove i clienti sono
lontani da casa. Il proliferare di immagini a sfondo sessuale dimostra che
viviamo in una società erotica, che provoca negli individui un’eccitazione
sessuale permanente, condizionando pesantemente l’elaborazione della sessualità
giovanile. Molti giovani infatti frequentano i siti pornografici su Internet e
alcuni di loro, alimentati da questo tipo di esperienze, si rinchiudono in una
sessualità immaginaria e violenta in cui domina la masturbazione, che è vissuta
come fallimento per l’impossibilità di raggiungere l’altro e che può quindi
complicare l’elaborazione della pulsione sessuale. La masturbazione, se dura
nel tempo, è sempre sintomo di un problema affettivo e di una mancanza di
maturità sessuale: la successiva vita di coppia, nella sua espressione
sessuale, può risentire di questa dipendenza da una sessualità narcisistica.
La maggior
parte dei giovani resta tuttavia sensibile ai discorsi che rivelano il senso
dell’amore umano, della coppia e della famiglia, il che manifesta il bisogno
d’imparare ad amare e a essere creatori di rapporti e di vita.
4 – 2 Dalla
coeducazione al rapporto unisessuato
I giovani
sono abituati a una forma di coeducazione dei sessi che non contribuisce, come
si era sperato, a sviluppare un rapporto paritario e qualitativamente migliore
tra uomini e donne, ma al contrario ha favorito la confusione delle identità
sessuali e l’esitazione relazionale. Raccogliamo qui i frutti ideologici del
femminismo, i quali confondono l’uguaglianza dei sessi, che non esiste, con
quella delle persone. Il femminismo nord-americano e quello introdotto dalla
Beauvoir hanno spinto all’odio verso l’uomo e al rifiuto della procreazione;
hanno incoraggiato il puritanesimo e nuove inibizioni, interpretando ogni
minimo gesto, parola o sguardo come un tentativo di aggressione e di molestia
sessuale, se non addirittura di stupro. Oltre a queste aberrazioni, che stanno
progressivamente inserendosi nelle leggi europee, la procreazione è stata
presentata come un handicap per la donna e come una dimensione che non deve
entrare nella definizione della femminilità. La coeducazione è stata
condizionata da questo tipo di femminismo, che non ha portato i giovani a
imparare a vivere un rapporto di coppia formata da un uomo e una donna, ed è
quindi una coeducazione che oscilla tra l’unisessualità (confusione sessuale) e
l’allontanamento degli individui (celibato e isolamento).
La maggior
parte dei post-adolescenti ha trascorso l’infanzia nell’universo della
coeducazione. Era facile prevedere9 che la coeducazione, che
non è mai stata pensata in termini di psicologia differenziale e di pedagogia,
avrebbe originato nuove inibizioni tra ragazzi e ragazze e un’alterazione dei
legami sociali. Si comincia appena oggi a comprendere le difficoltà che essa
pone e a uscire dal moralismo che l’ha provocata. Vi sono delle età in cui la
coeducazione è più indicata rispetto alle altre. L’esperienza dimostra ancora
una volta che durante l’adolescenza essa è una coercizione e inibisce lo
sviluppo dell’intelligenza, dell’affettività e della sessualità. Spesso finisce
per essere vissuta attraverso atti di seduzione e d’aggressione sessuale o, al
contrario, alcuni giovani vi si sottraggono per ritrovarsi tra interlocutori
dello stesso sesso; quest’ultimo diversivo corrisponde al bisogno di assicurare
e confortare le rispettive identità, mentre la coeducazione sconfina nella
confusione dei generi sessuali. La coeducazione ha favorito l’esitazione
relazionale tra uomini e donne durante la post-adolescenza, nonché il celibato
e una forma di omosessualità reattiva per differenziarsi, paradossalmente,
dall’altro sesso e rassicurarsi sulla propria identità sessuale. I bambini e
gli adolescenti hanno bisogno di elaborare la loro tendenza all’impasto, mentre
la coeducazione finisce per rinchiuderceli dentro, impedendo loro d’acquisire
il senso della differenza sessuale e del rapporto da soggetto a soggetto.
Così alcuni
durante l’adolescenza hanno potuto vivere legami sentimentali e rapporti di
coppia provvisori, se non addirittura esperienze sessuali. Il loro risveglio
affettivo-sessuale comincia quindi mediante scelte sentimentali, che però
solitamente non hanno un seguito oppure sopravvivono come rapporti fraterni
privi di espressione sessuale. Poi, al momento della post-adolescenza, quando
potrebbero impegnarsi in un rapporto affettivo-sessuale, succede il contrario:
spesso provano il bisogno di ritrovarsi tra "single" e con
interlocutori sociali dello stesso sesso per condividere diverse attività e
momenti di svago. Dopo aver fatto l’esperienza di legami sentimentali che non
avevano sbocco e si risolvevano in maniera edipica, nella post-adolescenza
vogliono vivere la loro vita affettiva a livello sociale e prendere le distanze
dall’altro sesso, cosa che non hanno potuto fare durante l’adolescenza.
Alcuni
giovani adulti, ma anche meno giovani, stanno scoprendo la necessaria
separazione dei sessi. Per esempio, ci sono donne che sentono il bisogno di
ritrovarsi per discutere, uscire o condividere attività "tra
ragazze", senza i loro compagni. Gli uomini fanno esattamente lo stesso,
mantenendo luoghi e attività tutti per loro. Ritroviamo questo fenomeno nella
nuova situazione delle coabitazioni, in cui dei giovani tra i 25 e i 35 anni,
con un’attività professionale, affittano insieme un appartamento che
condividono tra ragazzi o tra ragazze, ma raramente tra i due sessi.
È importante
che sia gli uomini sia le donne possano strutturarsi nella loro rispettiva
identità; l’educazione deve preoccuparsene fin dall’infanzia.
4 - 3 La
paura d’impegnarsi
La coppia
formata da due giovani è tipicamente incerta e temporanea, quando è fondata
unicamente sul bisogno di protezione e rassicurazione e sull’instabilità dei
sentimenti, senza che questi siano integrati in un progetto di vita e nel senso
dell’amore.
La mentalità
corrente, a sua volta, non semplifica il compito dei giovani quando presenta la
separazione e il divorzio come norma per trattare i problemi affettivi e
relazionali nell’ambito della coppia. In Francia, la legge del 1974 sul
divorzio consensuale non ha fatto che amplificare e normalizzare il divorzio,
che resta un flagello sociale. Una società che perde il senso dell’impegno e
dell’elaborazione dei conflitti e delle fasi di sviluppo è una società priva di
senso del futuro e della continuità. Il divorzio è diventato una delle cause
dell’insicurezza affettiva degli individui che si ripercuote sui legami sociali
e sulla visione del senso dell’impegno in tutti i campi della vita, visione che
viene trasmessa ai giovani. Volendo rendere sempre più accessibile il divorzio,
i pubblici poteri si soffermano sui sintomi senza vedere le cause sulle quali
bisognerebbe intervenire e ancor meno le conseguenze di queste leggi che minano
i legami sociali.
Il timore
d’impegnarsi affettivamente domina le psicologie giovanili che sono esitanti,
incerte e scettiche sul senso di un rapporto duraturo. I giovani credono di
restare liberi non impegnandosi affatto, mentre, così facendo, finiscono per
rifiutare la libertà, perché solo impegnandosi ci si scopre liberi e si
esercita la propria libertà. Il celibato prolungato li abitua a vivere e a
organizzarsi da soli. Alcuni fanno fatica ad accettare in maniera continuativa
la presenza di un altro nella loro vita quotidiana: entrano in ansia e hanno la
sensazione di perdere la propria libertà. Alternano quindi periodi di vita in
comune con altri in cui vivono da soli. A 35 anni pensano ancora di non essere
maturi né pronti per impegnarsi, di aver bisogno di tempo. Ma più il tempo
passa, meno la loro mentalità si evolve per renderli capaci di legarsi a una
persona, che peraltro pensano di amare.
Tuttavia i
sondaggi dimostrano che la maggioranza dei giovani vuole sposarsi e fondare una
famiglia, anche se non sempre sa come si costruisce un rapporto nel tempo.
Vorrebbero stabilizzarlo fin dall’inizio e risolvere tutti i problemi
riguardanti il presente e il futuro. I giovani hanno senz’altro bisogno
d’imparare a fare l’esperienza della fedeltà nella vita quotidiana: è un valore
che raccoglie un consenso unanime da parte loro, ma che non è valorizzato dai
media contemporanei. Nel messaggio della società predominano la paura del
matrimonio e la paura di fare figli, il che non aiuta i giovani ad avere
fiducia in se stessi e ancor meno nella vita, che secondo molti di loro
dovrebbe limitarsi ed esaurirsi nella loro storia personale.
In effetti,
tanto la società che le sue leggi (vedi in Francia il "pacs", patto
civile di solidarietà, che dà statuto giuridico a una relazione antinomica e
spesso provvisoria) non favoriscono il senso della durata e dell’impegno, bensì
coltivano la precarietà affettiva e la fragilità dei legami sociali invece di
tutelare il matrimonio. Eppure molti giovani hanno bisogno di saper perseverare
di fronte a una concezione del tempo frammentaria e a breve termine.
Viviamo in
una società che semina il dubbio sull’idea d’impegnarsi in nome dell’amore. I
giovani desiderano farlo e devono perciò essere accompagnati per scoprire le
possibilità e i percorsi di questa fedeltà.
4 - 4 La
bisessualità psichica
Il
post-adolescente deve anche affrontare la bisessualità psichica, risultato
delle sue identificazioni con i due sessi e non del fatto di essere allo stesso
tempo uomo e donna, per poter così interiorizzare la propria identità sessuale
e incamminarsi verso l’eterosessualità. La bisessualità psichica è la capacità
di entrare in relazione con l’altro sesso e di essere coerenti con la propria
identità sessuale non solo nella vita sociale ma anche in quella affettiva.
L’abbiamo già detto, durante la post-adolescenza la vita psichica inizia a
interagire con la realtà esterna. Ma la società attuale confonde spesso le due
sole identità sessuali esistenti, quella dell’uomo e quella della donna, con
altre tendenze sessuali multiple o con pratiche sessuali riferibili alla frantumazione
delle pulsioni. Non bisogna confondere l’identità con gli orientamenti
sessuali, soprattutto quando questi ultimi sono in contraddizione con
l’identità sessuale. In tale contesto non è facile trovare la propria identità
e coerenza a livello sessuale, specialmente quando l’omosessualità è
valorizzata e presentata come un’alternativa all’eterosessualità.
L’elaborazione della bisessualità psichica rischia di risultarne compromessa e,
siccome i rapporti tra uomini e donne si complicano al punto d’incoraggiare il
celibato del tipo "ognuno a casa sua", il modello sociale
dell’omosessualità viene banalizzato.
Molti
adolescenti e post-adolescenti sono inquieti e instabili quando si trovano a
dover affrontare la bisessualità psichica. Alcuni giovani a volte interpretano
come omosessualità costituita e permanente la loro ambivalenza passeggera,
frequente nell’adolescenza. Si credono omosessuali, senza desiderarlo né
volerlo, e vivono a volte dei passaggi all’atto che li minano psicologicamente.
Certo tutti gli individui sono stati portati a vivere identificazioni
omosessuali per rafforzare la propria identità sessuale, a cominciare dal
genitore dello stesso sesso; ma quando queste identificazioni si risolvono in
un fallimento, rischiano di erotizzarsi e sfociano nell’omosessualità. Bisogna
ricordare che la scelta dell’oggetto omosessuale, inerente alla vita psichica,
non va confuso con l’omosessualità verso cui un soggetto può eventualmente
orientarsi.
L’omosessualità
non è una "variante" della sessualità umana paragonabile
all’eterosessualità, ma l’espressione di una tensione conflittuale irrisolta
nell’ambito di una tendenza che si discosta dall’identità sessuale.
L’educazione
al senso dell’altro e al senso della differenza tra l’uomo e la donna è il
punto nodale della scoperta del vero senso dell’alterità.
5 - I giovani e le nuove influenze ideologiche
Il crollo
delle ideologie politiche a vantaggio del liberalismo delle società di consumo
e la crescita dell’individualismo hanno favorito la disistima nei confronti
dell’attività politica e del sistema di rappresentazione democratica. Le grandi
sfide sociali sono state rimpiazzate dalle rivendicazioni soggettive e
settoriali.
In compenso
va notato che l’attività politica perde credito agli occhi delle giovani generazioni
quando non è più capace di perseguire l’interesse generale. La valorizzazione
del matrimonio, la famiglia composta da un uomo e una donna con i loro figli,
la scuola e l’educazione, la formazione al senso della legge civile e morale,
l’inserimento sociale e professionale delle nuove generazioni, la qualità
dell’ambiente, il senso della giustizia e della pace sono alcuni dei progetti
da sostenere per risvegliare l’interesse dei giovani verso la vita politica.
Esaminiamo ora l’influenza che alcune tendenze di pensiero esercitano sui
giovani.
5 - 1 La
teoria del gender
Come abbiamo
già detto, le nostre società sono attualmente influenzate dalla confusione
sessuale. La teoria del gender lascia intendere che la
differenza sessuale, ossia il fatto di essere un uomo o una donna, sarebbe di
secondaria importanza per stabilire i legami sociali e i vincoli affettivi che
si contraggono nel matrimonio e che contribuiscono così a fondare una famiglia.
Secondo questa teoria bisognerebbe invece privilegiare e riconoscere il genere
sessuale, che non dipende più dal genere maschile o femminile, ma da quello che
ognuno si costruisce soggettivamente e che l’orienta verso l’eterosessualità,
l’omosessualità, il transessualismo, ecc. Si potrà così parlare di coppia e di
famiglia eterosessuale od omosessuale: in altri termini, la differenza sessuale
verrebbe sostituita dalla differenza di sessualità.
La teoria
del gender è ampiamente diffusa dalla Commissione Popolazioni
dell’ONU e dal Parlamento europeo per obbligare i paesi a modificare la loro
legislazione e a riconoscere, per esempio, le unioni omosessuali o
l’omogenitorialità mediante l’adozione. Questa nuova ideologia rappresenta una
vera e propria manipolazione semantica perché applica la nozione di coppia e di
genitorialità all’omosessualità, mentre la coppia implica la dissimmetria
sessuale e poggia unicamente sul rapporto tra un uomo e una donna. Inoltre
l’omosessualità non può essere all’origine della coniugalità e della
genitorialità ed è priva di qualsiasi valore sociale. In quanto derivata da una
problematica individuale, essa non può essere una norma sociale e non può
essere riconosciuta come un valore su cui basare l’educazione dei figli.
L’educazione
deve mirare al rinnovamento della civiltà, fondata sulla coppia formata da un
uomo e da una donna. Non è un caso che l’inizio della Bibbia sia incentrato
sulla creazione di una coppia il cui rapporto è a immagine di quello di Dio con
l’umanità. Dobbiamo immetterci in una cultura dell’alleanza e non nel gorgo di
una lotta di potere tra i sessi.
5 - 2 La
società di mercato e il liberalismo
La maggior
parte dei giovani sono succubi delle regole della società di mercato; la
soddisfazione immediata dei desideri è ampiamente sollecitata dalla pubblicità.
L’organizzazione politica della società è basata su questa mentalità
mercantilistica, che trasforma i cittadini in consumatori. Le regole economiche
rimpiazzano le regole morali, dettano legge e impongono il loro sistema di
riferimento e di valutazione a tutti i settori dell’esistenza, con il consenso
del potere politico: l’educazione, l’insegnamento, la salute, il lavoro, la
vecchiaia sono regolati in funzione delle norme economiche a scapito dei valori
della vita. Al centro di questo meccanismo non stanno la persona e il bene
comune, ma il costo e il reddito economico. La dittatura del denaro e dell’economia
costruisce, attraverso la pubblicità, una visione della vita in cui ciò che non
produce reddito non deve esistere, il che contribuisce ad alterare il senso
della persona umana, dei legami sociali e del bene comune.
5 - 3
Laicità ed esclusione del religioso
Il
cristianesimo è all’origine della concezione che distingue il potere religioso
dal potere temporale. Nel corso della storia, quando ci sono stati momenti di
confusione, il potere politico ha spesso preteso di dettar legge alla Chiesa
intervenendo, ad esempio, sulle decisioni dei concili. Non è stato tanto il
potere religioso a voler estendere la propria influenza sul potere temporale,
anche se in alcune società la Chiesa a volte ha dovuto organizzare la vita
pubblica prima di restituire il potere a coloro che dovevano esercitarlo; è
stato piuttosto il potere politico a mostrarsi più volte geloso del potere
religioso, che andava sorvegliato, inquadrato, contestato, se non
neutralizzato.
La laicità,
quando supera la sfera della distinzione dei poteri, pone vari problemi e
influenza la concezione della dimensione religiosa inerente all’esistenza. La
laicità si è così sviluppata in opposizione al ruolo e all’influenza della
Chiesa: bisognava cioè escludere la dimensione religiosa dal campo sociale,
relegandola a una questione privata che dipende dalla coscienza individuale, e
questo è un modo per mutilarla. Un fenomeno che è continuato con la
laicizzazione della morale, separandola dai principi universali individuati
dalla ragione, per confonderla con la legge civile votata democraticamente.
Così la legalità ha sostituito la moralità e la confusione regna nelle
coscienze di molti giovani, che credono che ciò che è legale abbia valore
morale. Invece la legge civile non dice che cosa è morale: organizza la vita
della nazione, ma questa organizzazione, o la sua regolamentazione mediante i
diritti e i doveri dei cittadini, non può che fondarsi sui principi che
rispettano la dignità della persona umana e i valori della vita10,
che trascendono tutte le leggi.
Dopo la
laicizzazione della società e della morale, adesso è il momento della
religione. La vita spirituale viene confusa con la vita intellettuale e
poetica, la Bibbia è tradotta da non credenti o da scrittori di diverse
correnti di pensiero, mentre viene promossa una lettura laica dei Vangeli. Papa
Giovanni Paolo II ha speso sottolineato il modo contraddittorio in cui ci si
accosta alla Bibbia: "l’uomo di oggi, deluso da tante risposte
insoddisfacenti alle fondamentali domande del vivere, sembra aprirsi alla voce
che proviene dalla Trascendenza e si esprime nel messaggio biblico.
Contemporaneamente però egli mostra sempre più insofferenza alle richieste di
comportamenti in armonia con i valori che da sempre la Chiesa presenta come
fondati nel Vangelo. Si assiste allora ai più vari tentativi di slegare la
rivelazione biblica dalle proposte di vita più impegnative"11.
Secondo alcuni, la parola di Dio andrebbe riportata a un discorso mondano,
consono ai costumi e all’intelligenza religiosa laicizzata e ridotta al minimo
comun denominatore, in nome della "modernità" e di una
"religione moderata". Sarebbero quindi i canoni vigenti in una
società a dover regolare la religione e la fede cristiana in particolare: una
visione che consiste nell’eliminare dal campo sociale la dimensione religiosa e
le esigenze che ne derivano.
Il rifiuto
di riconoscere l’eredità religiosa e cristiana come una delle basi dello
sviluppo della civiltà in Europa e nel mondo occidentale, nonché in altre aree
culturali, sta a testimoniare questa laicizzazione rampante. La laicità così
concepita non rispetta la dimensione religiosa dell’esistenza umana. I
sostenitori di quest’ordine di cose sono pronti a riconoscere la libertà di
fede, che rientrerebbe unicamente nella vita privata, ma rifiutano di accettare
la realtà religiosa, il diritto alla religione, che implica una dimensione
sociale e istituzionale. Invece è importante che il potere religioso, in quanto
istituzione, possa essere rappresentato nel concerto europeo e delle nazioni a
servizio del bene comune e degli interessi superiori della coscienza umana. Dio
non può essere assente dal campo sociale.
Le giovani
generazioni hanno bisogno di essere educate a questa dimensione sociale e
istituzionale della religione cristiana e di non vivere la Chiesa come un
gruppo puramente intimista e individualista.
6 - I
giovani e la Chiesa
6 - 1
Giovani senza radici religiose
La maggior
parte delle inchieste sui giovani e la religione confermano quanto già
sappiamo. I giovani sono figli degli adulti che erano adolescenti tra il 1960 e
il 1970 e che, ai loro tempi, hanno scelto di non trasmettere sempre quello che
essi stessi avevano ricevuto nella loro educazione. Hanno lasciato quindi che i
figli se la sbrogliassero da soli sul piano morale e spirituale, senza altra
preoccupazione educativa che quella di badare alla loro realizzazione
affettiva. Così in molti casi li hanno lasciati privi di riferimenti
spirituali, abbandonati a se stessi. Li volevano felici, ma senza insegnar loro
le regole della vita sociale, gli usi che fanno la ricchezza di un popolo e la
fede cristiana, che è stata la matrice di tante civiltà. Bisogna riconoscerlo,
il senso della persona umana, il senso della propria coscienza, il senso della
libertà, il senso della fraternità, il senso dell’uguaglianza, li dobbiamo al
messaggio di Cristo trasmesso dalla Chiesa. Questi valori sono stati
banalizzati, ossia separati dalla loro fonte, ma disconoscendone l’origine si
rischia di non poterli più trasmettere. In base a questa mentalità anti-educativa,
i figli non sono stati battezzati né catechizzati; bisognava fare tabula
rasa del passato per liberarsi della tradizione. Questo atteggiamento
ha prodotto degli handicappati culturali, giovani che non hanno alcuna
formazione e ancor meno cultura religiosa. Sono incapaci di capire interi
periodi della storia della nostra civiltà, nonché dell’arte, la letteratura e
la musica. Non sono allergici ai dogmi, ossia alle verità della fede cristiana,
più di quanto non siano contrari alla Chiesa: semplicemente non ne sanno
niente! Per questo, nelle inchieste più serie, le loro risposte rivelano
ignoranza, indifferenza ed essenzialmente una mancanza di educazione religiosa.
Sono condizionati da tutti i cliché e da tutti i conformismi che circolano sulla
fede cristiana. In poche parole sono lontani dalla Chiesa perché, non essendovi
stati educati, non si sono inseriti nella tradizione religiosa.
6 - 2
Confusione tra religioso e paranormale
Bisogna
riconoscere che molti giovani sono abbastanza estranei a qualsiasi dimensione
religiosa; ma questa non chiede altro che di sbocciare. Come potrebbe essere
diversamente in un mondo che elimina la dimensione religiosa? La confondono con
la parapsicologia, l’irrazionale e la magia. Sono attratti dai fenomeni "ai
confini della realtà" che provocano una risonanza emotiva e suscitano in
loro sentimenti capaci di farli credere all’esistenza di un aldilà. Ma in
questo caso non incontrano che se stessi, le proprie sensazioni e la propria
immaginazione. La spiritualità che va di moda è quella priva di parole, di
riflessioni e di contenuti intellettuali: tutte le correnti di filosofia e di
saggezza senza Dio che, venute dall’Oriente e dall’Asia, sono interessanti nel
loro genere, ma non sono religioni, e che attualmente vengono idealizzate e
rimaneggiate, pur senza rappresentare un movimento di massa. Secondo questa
mentalità, bisogna essere "cool", "zen" e tranquilli, ossia
non provare nulla e vivere in un torpore ovattato. È possibile qualunque
divagazione perché non vi è alcun controllo istituzionale o intellettuale.
Tutto, e il contrario di tutto, può essere messo al posto di Dio: un
atteggiamento agli antipodi del cristianesimo, che è la religione
dell’Incarnazione del Figlio di Dio e trasmette un messaggio di verità e di amore
con cui si può costruire la propria vita e lottare contro tutto ciò che la
rovina e la distrugge. I giovani cristiani sentono che la presenza di Dio e il
suo messaggio sono portatori di una speranza immensa che dischiude loro le vie
della vita. Ma quando il sentimento religioso, che è inerente alla psicologia
umana, non è educato e arricchito da un messaggio autentico, resta allo stadio
primario e prigioniero di una mentalità superstiziosa e magica. La mancanza di
educazione religiosa favorisce le sette e i falsi profeti che si autoproclamano
per parlare in nome di una divinità fatta a loro immagine. L’uomo ha bisogno di
essere introdotto in un’altra dimensione oltre a se stesso, dimensione che il
Creatore ha inscritto nel cuore di ogni essere umano. Viene così collegato da
Dio agli altri, alla storia, e soprattutto a un progetto di vita che lo rivela
a se stesso, l’umanizza e l’arricchisce. È questo il senso della Parola del
Vangelo trasmessa dalla Chiesa.
6 -3 I
giovani della GMG sono in ricerca di vita spirituale
La maggior
parte dei giovani che partecipano alla GMG trasudano benessere e gioia di
vivere, stupiscono per la calma, il sorriso, la delicatezza, la gentilezza, la
cooperazione e l’apertura. Bisogna aver fiducia in questi giovani, che preparano
una rivoluzione spirituale silenziosa, ma molto attiva. Come i loro coetanei,
hanno certamente i loro problemi: qualcuno può aver già fatto uso di droga
qualche volta o essersi comportato senza tener sempre conto della morale
cristiana. Vivono esperienze e fallimenti, ma hanno sete di qualcosa di
diverso, sono in cerca di una speranza. Aspirano a un ideale di vita e a una
spiritualità fondata su qualcuno, su Dio. La società europea, che è sempre più
vecchia, scettica e senza speranza, è colpita da questi giovani che credono in
Dio e cercano di vivere di conseguenza. La maggior parte di loro proviene da
comunità cristiane che hanno accolto i giovani in ricerca. Sanno che la vita
non è facile, ma restano saldi nella speranza e non si rassegnano. Cristiani o meno,
si rivolgono alla Chiesa per trovare le risposte al loro immenso bisogno
spirituale. La loro presenza raggiante lascia il segno in tutti i paesi in cui
si svolge la GMG. Capovolgono le immagini riduttive della gioventù, di cui si
parla solo per evocare una sessualità impulsiva, la droga, la delinquenza, ecc.
Se alcuni di loro vivono così, è solo perché sono abbandonati a se stessi.
La società è
infantile con i giovani perché li usa come modello, mentre avrebbero bisogno di
punti di riferimento. La società li lusinga ma non ama i propri figli, se si
giudica in base a tutte le abdicazioni di responsabilità educative di cui essi
sono vittime. Anche l’azione pastorale locale ha la propria parte di
responsabilità, nella misura in cui i compiti educativi sono stati a volte
trascurati o abbandonati dagli ordini religiosi e dai sacerdoti che l’avevano
come vocazione. Ma bisogna riconoscere che il loro lavoro, in un’epoca di
rottura (1960-1970), non era semplice, perché i giovani opponevano un rifiuto
massiccio a ogni tipo di riflessione religiosa. Quelli di oggi mancano
completamente di basi dal punto di vista religioso e fanno delle affermazioni
stupefacenti. Uno di loro di recente ha chiesto a un sacerdote: "Perché
mischiate il Natale con la religione?". Non sapeva che Natale è il giorno
in cui si celebra la nascita di Gesù! Il Natale viene così ridotto a una festa
commerciale in famiglia. Grazie al successo della GMG, questo modo di vedere
può cambiare dal momento in cui i giovani si impegnano in una ricerca spirituale
e scoprono che gran parte della visione dell’uomo, nonché interi settori della
vita sociale, sono stati plasmati dal messaggio della Chiesa e da generazioni
di cristiani.
6 - 4 Perché
Giovanni Paolo II attira tanti giovani, benché il messaggio cristiano sia
esigente, in particolare in materia di morale sessuale?
Questa
domanda viene posta spesso e la risposta va da sé: si tratta del messaggio di
Cristo trasmesso dalla Chiesa ed è sempre stato esigente. Ma è anche fonte di
gioia. È difficile da vivere in campo sessuale, così come in tutte le altre
realtà della vita. Nulla di vero, di coerente e di durevole si costruisce senza
difficoltà. Giovanni Paolo II indica il cammino da percorrere per vivere come
cristiani in nome dell’amore di Dio. Questo amore è un modo di cercare il bene
e la vita per se stessi e per gli altri. Saremo sempre responsabili di
quest’amore, che non è un sentimento, né un benessere affettivo, ma corrisponde
al desiderio di cercare in Dio ciò che dà la vita. I giovani sono sensibili a
questo linguaggio e alla persona di Giovanni Paolo II, che afferma
tranquillamente l’amore di Dio, malgrado le critiche e i sarcasmi. Parla loro
di vita laddove gli altri non parlano che di morte per droga e suicidio, di
fallimenti affettivi che si concludono con il divorzio, di disoccupazione,
tralasciando però di parlare della noncuranza della società nei loro confronti.
Giovanni
Paolo II ha fiducia in loro e dà loro fiducia nella vita. Dice loro che vivere
e riuscire nella vita è possibile, e spiega anche come. La generazione
precedente non sempre ha trasmesso loro delle convinzioni, né ha insegnato loro
a vivere secondo determinati valori, se non per ripetere quelli monotoni della
società consumista. E allora che cosa fanno i giovani? Si rivolgono agli
anziani per ottenere ciò che non hanno avuto: sono le persone anziane che, come
il Papa, li raccordano alla storia e alla memoria culturale e religiosa,
scavalcando i loro genitori. Non ci sono divisioni fra il Papa e i giovani.
Quando i giovani percepiscono parole autentiche, si sentono rispettati e
valorizzati: "Finalmente siamo presi sul serio, lui ha fiducia in
noi".
La morale
sessuale è un’ossessione attribuita alla Chiesa. Anche se questo tema non
rappresenta che il 9% dei discorsi e degli scritti del Papa, i media si
soffermano solo su quest’aspetto, passando sotto silenzio tutto il resto. La
storia del preservativo12 è caratteristica di questa
disinformazione e della manipolazione di cui sono oggetto i suoi discorsi.
Giovanni Paolo II dice tutt’altra cosa: si basa sul Vangelo e non dipende dalle
idee legate a mode passeggere. Fa appello al senso dell’amore e della
responsabilità. Preferisce rivolgersi alla coscienza umana, come Cristo,
affinché ciascuno s’interroghi sui propri comportamenti per sapere se sono
vissuti nel senso di un amore autentico, leale e onesto verso sé e verso
l’altro. Persegue la sua missione. La riflessione sulla sessualità non può
ridursi a un discorso sanitario, soprattutto quando questo trascura la
responsabilità morale delle persone. La valutazione morale riguarda anche la
sessualità e non solo la vita sociale, se non si vuole creare una scissione
aberrante. I cristiani sono invitati a ispirarsi a questo modello per impostare
i propri comportamenti con una coscienza evangelica illuminata.
Conclusione
I
post-adolescenti aspirano a fare il loro ingresso nella vita. Nonostante un
certo sradicamento culturale, religioso e morale, cercano di trovare delle vie
d’accesso, perché spesso si sono fatti da sé, in un narcisismo dilagante e
nell’incostanza. La fragilità dell’io, una visione temporale ridotta
alle voglie del momento e alle circostanze, e un’interiorità ristretta alle
sole risonanze psichiche, li confinano nell’individualismo. Perciò alcuni sono
angosciati dall’impegno e dalla relazione istituzionale, pur desiderando
sposarsi e fondare una famiglia. Preferiscono mantenere rapporti intimistici e
ludici, naturalmente con più persone, rapporti che però restano al di fuori del
legame sociale. Il loro profilo psicologico è anche il risultato di una
educazione incentrata sull’affettivo, sui piaceri immediati e sulla rottura tra
i genitori a causa del divorzio che, tra l’altro, nelle rappresentazioni
sociali è all’origine dell’insicurezza affettiva, del dubbio su di sé di fronte
all’altro e del senso dell’impegno. È possibile promuovere un’educazione più
realista, che non rinchiuda la persona negli oggetti mentali e nel narcisismo
dell’adolescenza, per stimolare invece l’interesse a diventare adulti.
I giovani
della generazione attuale stanno facendo una rivoluzione religiosa silenziosa,
ma decisa. Suscitano interrogativi tra i cristiani e non hanno paura di
manifestarsi come tali. Non vogliono lasciarsi intimidire, né costringere al
silenzio e ancor meno insultare. I giovani cristiani provenienti dall’Africa,
l’America Latina, l’Asia e l’Oriente vivono la loro fede come un’emancipazione
e una liberazione in Dio, a volte nel martirio, il che dovrebbe ispirare le
vecchie comunità cristiane.
Ogni GMG è
una tappa storica per i giovani partecipanti. Non potremo più parlare della religione
nello stesso modo di prima. D’altronde lo si nota facilmente sulla stampa: la
maggior parte degli informatori e commentatori politici, prigionieri di
determinate categorie sociologiche o di cliché, non riescono a fare una
valutazione esatta dell’evento. Da vari anni i raduni di giovani promossi dalla
Chiesa riuniscono un numero significativo di partecipanti, eppure si parla
raramente di questi giovani in ricerca spirituale. Non fanno notizia nei
telegiornali. Un raduno di giovani per motivi religiosi è forse un non-evento
per la stampa? L’informazione è spesso sfasata rispetto a ciò che si vive e si
prepara pacatamente nella società, fino al giorno in cui qualcuno si sveglia
chiedendosi: "Che cosa ci è successo?". Le sfide poste dalla sete di
ideali e di spiritualità dei giovani non sono prese sul serio dalla società.
La Chiesa
non è agonizzante, come pretendono alcuni: incontra le stesse difficoltà di
tutte le altre istituzioni che subiscono gli effetti dell’individualismo, del
soggettivismo e di una certa desocializzazione. In una società in cui
l’individuo vive come vittima della vita e degli altri, con la mentalità del
consumatore, a un ritmo concepito in funzione dell’istante e con una
rappresentazione della vita mediatica e virtuale, è urgente far scoprire il
senso della realtà, promuovere luoghi di socializzazione e di trasmissione tra
le generazioni, per acquisire il senso delle istituzioni. L’esperienza
spirituale cristiana implica tale dimensione e ne costituisce la ricchezza, che
si dispiega nelle diverse tradizioni attraverso i secoli.
Tocca alla
Chiesa assicurare un seguito alla GMG e intraprendere una catechesi più attiva
e rinnovata. L’intelligenza della fede ha bisogno di essere nutrita. L’azione
pastorale dovrà aver cura di sensibilizzare le famiglie sull’importanza
dell’educazione religiosa e del catechismo in particolare. Ma le famiglie a
loro volta pongono una questione alla società, che ha cancellato la dimensione
religiosa della vita con una precisa volontà politica. La laicità, come abbiamo
detto, è la distinzione tra potere politico e religioso e non l’esclusione
della religione dal campo sociale. La vita scolastica deve rispettare il tempo
da dedicare all’insegnamento religioso. Se è vero che ognuno resta libero di
aderire o meno a una fede religiosa, la società non può relegare la dimensione
religiosa nel reparto degli optional della vita, nel campo del
nascosto e del privato, pensando che la fede non debba avere conseguenze sulla
vita e sulla società. Il fatto religioso è un fatto sociale che non può essere
ridotto alla sfera del privato; è addirittura fonte di legami sociali e resta
iscritto nei tempi del calendario. A questa privatizzazione della vita
religiosa i giovani, con il loro comportamento, hanno quindi risposto con un "no!"
di massa in occasione delle Giornate Mondiali della Gioventù. La vita
spirituale è un’esigenza umana che il potere pubblico deve riconoscere,
rispettare e onorare perché appartiene a ogni persona e costituisce una delle
componenti essenziali della realtà sociale.
Nel suo Messaggio in
occasione della XVIII Giornata Mondiale della Gioventù 2003, il Santo Padre
ricorda il ruolo che i giovani possono svolgere: "L’umanità ha un
bisogno imperioso della testimonianza di giovani liberi e coraggiosi, che osino
andare controcorrente e proclamare con forza ed entusiasmo la propria fede in
Dio, Signore e Salvatore" (n. 6).
(1) Il 65%
dei giovani europei vive ancora in famiglia. Rapporto pubblicato dalla società
di studi di mercato britannica Datamonitor, Quotidien du Médécin (Francia),
p. 17, N° 7302, mercoledì 26 marzo 2003.
(2) L’accompagnamento
dei giovani professionisti è diventato una realtà che riguarda i 25/ 40enni,
soprattutto i non sposati, anche se si può discutere sulla nozione di
"giovane" applicata a questa fascia d’età, prassi che risponde ad un
bisogno, ma che a volte li mantiene in una sorta d’infantilismo affettivo.
(3) T.
Anatrella, Interminabiles adolescences, le 12/30 ans, Paris, Cerf
Cujas.
(4) Op.
cit.
(5) Op. cit.
(6) Alcuni
studi mostrano che, sull’insieme della popolazione adolescente, il 10% dei
15/19 anni presenta difficoltà psicologiche: Cf. Alto Comitato della Salute
Pubblica francese, La souffrance psychique des adolescents et des
jeunes adultes, edizioni ENSP, febbraio 2000. L’incremento di emissioni
radio-televisive sui problemi di alcuni adolescenti lascia intendere che la
maggior parte di loro si troverebbe in una situazione complicata, il che non
rispecchia la realtà. Si tende così a generalizzare pochi casi specifici,
mentre ad essere chiamate in causa sono soprattutto le questioni
pedagogico-educative della post-adolescenza.
(7) La
debolezza dei processi d’interiorizzazione dà psicologie più superficiali, più
frammentate, che hanno difficoltà a ricorrere alla razionalità. Quanto al
linguaggio utilizzato, la sua povertà non favorisce la padronanza del reale. Le
formule, ripetute come slogan, indicano il panico e la sofferenza all’idea di
riflettere. Così l’espressione: "Mi martella in testa" sottintende il
fatto che pensare potrebbe provocare l’emicrania. I giovani mancano di una vera
formazione intellettuale che si realizza, tra l’altro, venendo a contatto con
la letteratura. Non hanno una vita intellettuale perché non sanno capire i
testi e gli autori, né riflettervi sopra. Nei programmi attuali del Ministero
della Pubblica Istruzione francese, gli insegnanti devono principalmente tener
conto della soggettività degli allievi e insegnar loro la conoscenza a partire
da quanto percepiscono, il che finisce col far lievitare il numero di quanti
lamentano difficoltà a concentrarsi intellettualmente, nonché a controllarsi.
L’apprendimento del senso della legge inizia sempre mediante l’acquisizione del
linguaggio e delle regole della grammatica, cosa che non succede più
oggigiorno, poiché i linguisti hanno preso il posto dei grammatici
nell’elaborazione dei programmi ministeriali. Il metodo globale o i metodi
cosiddetti misti, che imperversano oggi nelle scuole, producono
l’analfabetismo, la dislessia e una visione spezzettata della realtà.
(8) La
resilienza corrisponderebbe alla capacità di alcuni individui di uscire
rinforzati o, addirittura, completamente rinnovati dalle avversità della vita;
alcune correnti di pensiero avrebbero individuato un percorso per raggiungere
tale resilienza (NdR).
(9) France
Rollin, La mixité à l'école, ETUDES, Vol. 367, n° 6 (3676),
dicembre 1987. Tony Anatrella, La mixité, ETUDES, vol. 368, n° 6
(3686), giugno 1988. Vedi anche Tony Anatrella, La différence interdite,
Flammarion.
(10) Vedi
Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor (1993) e Evangelium
Vitae (1995).
(11)
Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria
della Pontificia Commissione Biblica, n. 2, 29 aprile 2003, in L’Osservatore
Romano, n. 100, 30 aprile 2003, p. 4.
(12) Tony
Anatrella, L’amour et le préservatif, Pari, Flammarion. Riedito con
il titolo, L’amour et l’Eglise, Paris.
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