@ - Le più recenti accuse contro Nasrin Sotoudeh si fondano sul suo pacifico lavoro in favore dei diritti umani, incluso il suo lavoro in difesa delle donne perseguitate nel 2018 per aver protestato pacificamente contro l’obbligo abusivo, degradante e discriminatorio di dover indossare il velo in Iran.
Nella sua incriminazione, le autorità hanno elencato sette capi di accusa contro di lei, quattro dei quali erano basati sulla sua opposizione all’obbligo del velo: “incitamento alla corruzione e alla prostituzione“; “impegnarsi apertamente in atti peccaminosi… apparire in pubblico senza un hijab“; “irrompere l’ordine pubblico“; e “disturbare l’opinione pubblica“.
Le pacifiche attività in favore dei diritti umani di Nasrin Sotoudeh contro l’obbligo di indossare il velo, comprese quelle intraprese nel suo ruolo di avvocato, come l’incontro con i suoi clienti, sono state utilizzate per costruire una causa penale contro di lei.
Le altre tre accuse contro di lei – “la formazione di un gruppo con lo scopo di interrompere la sicurezza nazionale“, “diffusione di propaganda contro il sistema” e “raccolta e collusione per commettere crimini contro la sicurezza nazionale” – si sono basate sulle sue attività pacifiche che le autorità hanno considerato come “criminale”.
Queste attività includono l’appartenenza a gruppi per i diritti umani come il Centro per difensori dei diritti umani e la Campagna Step by Step per l’abolizione della pena di morte, la pubblicazione di notizie su Shaparak Shajarizadeh, che è stata condannata a 20 anni di carcere, 18 dei quali sono stati sospesi, per la sua protesta pacifica contro l’obbligatorietà del velo.
Anche l’insistenza di Nasrin Sotoudeh sulla scelta di un avvocato indipendente invece di uno dall’elenco dei 20 selezionati dal capo del potere giudiziario è stato riconosciuto dalle autorità giudiziarie come un atto criminale.
Il suo processo, che ha avuto luogo il 30 dicembre 2018 davanti alla sezione 28 del Tribunale rivoluzionario di Teheran, è avvenuto in sua assenza. Nasrin si è era rifiutata di partecipare al processo, citando l’ingiusta natura del procedimento.
Nel mese di settembre 2016, nella sezione 28 del Tribunale rivoluzionario di Teheran Nasrin Sotoudeh ha affrontato l’accusa di “propaganda contro il sistema” e “raccolta e collusione per commettere crimini contro la sicurezza nazionale“. Il giorno del suo processo, le fu negato l’accesso al tribunale e l’udienza si svolse in sua assenza.
Non è stata informata di esser stata processata e condannata fino a quando non è stata riarrestata.
Il verdetto del tribunale non ha fatto menzione delle accuse.
Il giudice l’ha condannata con l’accusa più controversa di “aiuto a nascondere le spie con l’intento di danneggiare la sicurezza nazionale” ai sensi dell’articolo 510 del codice penale e l’ha condannata a cinque anni di carcere, due anni in più rispetto al massimo della pena prevista per legge per questo reato.
Nel verdetto le autorità l’hanno accusata di lavorare con i “controrivoluzionari” che vivono dentro e fuori l’Iran al fine di minacciare la sicurezza nazionale” e di “incontri segreti con diplomatici stranieri e persone sospettate di essere agenti dei servizi segreti con sede in ambasciate straniere in Teheran” con il “pretesto” dei diritti umani.
Il giudice ha inoltre affermato che “le sono stati dati 50.000 euro per il Premio Sacharov in modo che potesse sostenere le sue attività contro la sicurezza nazionale e per il rovesciamento dello stato“.
Nel 2012, scontando una precedente pena detentiva nel carcere di Evin, Nasrin Sotoudeh ha ricevuto dal Parlamento europeo il premio Sakharov per la libertà di pensiero, in collaborazione con il regista iraniano Jafar Panahi. Ad Amnesty International risulta che non abbia mai riscosso il premio in denaro.
Aggiornato il 9 dicembre 2021 – Nasrin Sotoudeh, la nota avvocata iraniana per i diritti umani, condannata a un totale di 38 anni di carcere e a 148 frustate dopo aver difeso una donna arrestata per aver manifestato contro l’obbligo per le donne iraniane di indossare il velo, ha lasciato la prigione per un rilascio temporaneo per motivi medici.
Aggiornato il 22 dicembre 2020 – Il 2 dicembre Nasrin Sotoudeh, la nota avvocata iraniana per i diritti umani, condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate dopo aver difeso una donna arrestata per aver manifestato contro l’obbligo per le donne iraniane di indossare il velo, è tornata in prigione meno di un mese dopo il suo rilascio temporaneo. A confermarlo è stato suo marito Reza Khandan: “Nasrin è tornata in prigione”, ha detto.
NASRIN SOTOUDEH: LA STORIA
Nasrin Sotoudeh, la celebre avvocata per i diritti umani che ha poi assunto la difesa di Shaparak Shajarizadeh e di altre donne che avevano protestato contro l’obbligo d’indossare lo hijab, è stata arrestata il 13 giugno 2018.
Per tutto il 2018 le autorità iraniane hanno portato avanti una campagna particolarmente minacciosa contro le difensore dei diritti umani. Invece di punirle spietatamente perché rivendicano i loro diritti, le autorità dovrebbero porre fine alla discriminazione e alle violenze, radicate e dilaganti, nei confronti delle donne.
Lo scorso ottobre l’avvocata è stata trasferita alla prigione di Qarchak, più di 30 km a sud della capitale, quando la sua famiglia ha insistito perché fosse ricoverata in ospedale.
Le accuse contro di lei sono la conseguenza del suo pacifico lavoro in favore dei diritti umani, inclusa la sua difesa delle donne che protestano contro l’obbligo di indossare il velo in Iran e la sua pubblica opposizione alla pena di morte.
A seguito della grande mobilitazione online e delle decine di migliaia di firme già raccolte, il marito di Nasrin ci ha mandato questo messaggio:
“Cari amici, attivisti e soci di Amnesty International, tutto ciò che ognuno di voi sta facendo in diversi paesi a sostegno di Nasrin Sotoudeh, dalle campagne alle manifestazioni, e le vostre immediate reazioni contro l’atroce condanna che le è stata inflitta hanno suscitato l’attenzione del mondo intero sul caso, al punto che il giudice è stato costretto a dire assurdità ai giornalisti e a smentire la sentenza. Grazie a voi Nasrin e la sua crudele condanna sono diventati oggetto di preoccupazione internazionale. Vi ringraziamo per tutti gli sforzi e i sacrifici che state facendo e ci congratuliamo con voi e con i difensori dei diritti umani di tutto il mondo per la solidarietà in favore delle vittime di violazioni” Reza Khandanm, marito di Nasrin Sotoudeh.
Sotoudeh è stata in sciopero della fame per sei settimane per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigioneri politici in Iran dopo lo scoppio dell’emergenza Covid-19: ricoverata in ospedale, è stata dimessa dopo pochi giorni ma senza le cure adeguate. Rientrata in carcere, ha interrotto lo sciopero perché le sue condizioni di salute si erano troppo deteriorate.
Nasrin è una prigioniera di coscienza e deve essere rilasciata definitivamente!
Il coraggioso movimento delle difensore dei diritti umani ha aderito alle proteste, convocate per tutto l’anno nel paese per protestare contro le invadenti e obbligatorie norme sull’obbligo d’indossare lo hijab.
Tante donne sono scese in strada e, una volta scelto un luogo pubblico rialzato e in evidenza, si sono tolte il velo, lo hanno fissato a un bastoncino e hanno iniziato a sventolarlo. Le autorità hanno reagito attraverso aggressioni violente, arresti, maltrattamenti e torture. Alcune di loro sono state condannate al termine di processi gravemente iniqui.
Shaparak Shajarizadeh è stata condannata a 20 anni di carcere, 18 dei quali sospesi, per aver protestato pacificamente contro l’obbligo d’indossare lo hijab. Dopo aver pagato la cauzione per il rilascio, ha lasciato l’Iran. Dall’estero, continua a denunciare le torture subite durante la detenzione in isolamento e l’impossibilità di essere difesa da un avvocato nel corso di quel periodo.
Nasrin Sotoudeh, la celebre avvocata per i diritti umani che ha poi assunto la difesa di Shaparak Shajarizadeh e di altre donne che avevano protestato contro l’obbligo d’indossare lo hijab, è stata arrestata il 13 giugno 2018.
Per tutto il 2018 le autorità iraniane hanno portato avanti una campagna particolarmente minacciosa contro le difensore dei diritti umani. Invece di punirle spietatamente perché rivendicano i loro diritti, le autorità dovrebbero porre fine alla discriminazione e alle violenze, radicate e dilaganti, nei confronti delle donne.
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